La vignetta – come sempre efficace – di Carlos Latuff descrive alla perfezione quello che i ‘ragazzi di Tahrir’ pensano di quanto è successo stanotte al Cairo. Al centro del Cairo, nella stessa zona in cui – tra gennaio e febbraio, e poi anche nei mesi successivi – si è dispiegato il braccio di ferro tra il regime e il popolo egiziano.
Quelli che vengono chiamati “scontri settari” (anche sulla nostra stampa, ovviamente) sarebbero fecondati dal Consiglio Militare Supremo, che nella vignetta sono i due militari che hanno sul berretto proprio la sigla che definisce il consiglio che sta guidando la transizione del paese. SCAF. Sarebbero le alte gerarchie militari a giocare con il rapporto (sempre delicato) tra musulmani e copti. Così come il regime di Hosni Mubarak aveva giocato per decenni con la fede e le fedi, usando i copti come una delle basi di consenso a cui prometteva non solo protezione, ma anche partecipazione limitata al potere. ‘Ala al Aswani ha scritto, su questo, articoli illuminanti, chiari, che è possibile leggere ora sul suo La Rivoluzione Egiziana, da poco pubblicata da Feltrinelli.
Stanotte una soglia è stata superata, con i tanti morti degli scontri che si sono avuti tra Maspero, sotto la sede della tv di Stato, proprio sulla corniche, e piazza Tahrir. Una pericolosa soglia che usa ancora una volta i salafiti, l’islamismo letteralista e radicale, perché l’autorità costituita – in questo caso le istituzioni che gestiscono la sicurezza, come l’esercito e la vecchia Sicurezza di Stato a cui è stato cambiato il nome, ma che non è stata epurata – possa spingere sul tasto della “stabilità” e della “sicurezza” del paese. Era già successo, per esempio ad Alessandria d’Egitto, all’inizio del 2011, quando venne compiuto un attentato contro una chiesa copta. Si scoprì poche settimane dopo, a rivoluzione avvenuta, che quell’attentato era stato ispirato dall’allora potentissimo ministro degli interni di Mubarak, Habib el Adly, ora in carcere a Tora e alla sbarra per l’uccisione di circa un migliaio di persone a Piazza Tahrir e in tutto l’Egitto, durante la Thawra.
Dietrologia? Complottismo? Le testimonianze dei giornalisti egiziani, dei blogger (cercate per esempio @alaa su twitter, è stato in giro tutta la notte, ha fotografato i cadaveri nelle morgue, ha partecipato alla manifestazione musulmani e cristiani insieme), dei ragazzi di Tahrir, di chi c’era, confermano che al Cairo, stanotte, è successo qualcosa di analogo. A leggere i tweet – come ho fatto questa notte – si disegna un quadro chiaro e fosco a un tempo. Un quadro preoccupante, che non si può definire semplicemente come l’emergere di una divisione settaria in Egitto. E’ tutto, come sempre, molto più complesso, e arabist – in questa analisi a caldo, con quella dose di passione che non guasta – centra come sempre tutti i nodi. Tra le tante testimonianze che ho letto, però, quella di Hani Bushra mi è sembrata non solo la più efficace, ma allo stesso tempo la più preoccupante. La testimonianza di un egiziano copto, circondato da qualche decina di scalmanati, poi salvato dall’esercito, che però veniva istigato da gente della Sicurezza centrale (il nuovo nome della vecchia, famigerata Amn el Dawla) spiega questo uso delmob, della massa di manovra, da parte di chi vuole poi assicurare stabilità e ordine.
Questo che segue è solo uno stralcio di un racconto molto più lungo, e che dà numerosi, altri spunti sui quali pensare:
We reached the officer (rank of general), and the first thing that I did was to show him my U.S. passport and told him that I am now under his protection. I told him that I was attacked because I was a Christian. One of the men who is a policeman but wearing civilian clothing began to talk to the general that I was a Christian and that I institigated the mob to attack me and that I am carrying weapons in my bag. The officer, who had seen my passport, told him to shut up. This policeman in the civilian clothing seemed to be the coordinator between the mob and the police.
The general pushed me back behind the cordon of CSF soldiers, but I wanted to get my phone back, and so I went out again. The person who had stolen my phone was right there, and I told the general that I wanted my phone back.
As I was talking to the general, a group of policemen were around me, one of them was behind me poking my butthole with his stick. I turned around and said that if you want to fuck me in the ass, you should be man enough to fuck me in public. At that point the policeman in civilian clothing who had earlier clashed with me called me a liar, and the general once again told him to shut up.
I was assigned a young officer to protect me. My phone was gone, and they wanted to protect me until it was safe. I met two young officers, a first and second lieutenants, who were very respectful and were concerned for me. I told them that I hope that when they grew in their rank, they would always remain this professional. They were so nice that one of them let me use his phone so that I can call Happy and tell him that I was okay.
Un breve addendum sui precedenti. Il Consiglio Militare Supremo è stato, nelle settimane precedenti, al centro di una pressione che non è più venuta solo da Piazza Tahrir (e cioè da chi ha fatto la rivoluzione), ma anche dai partiti e dai movimenti che dalla rivoluzione in poi si sono creati. La pressione ha un solo obiettivo: il passaggio dei poteri dai militari a un’autorità civile. Lo hanno detto chiaro e tondo i sette possibili candidati alla presidenza, che su questo punto si sono uniti (e ci sono tutti, compreso Amr Moussa…). Lo hanno detto chiaro e tondo i partiti, compreso quello che è nato dai Fratelli Musulmani, quando hanno chiesto il cambiamento della legge elettorale che il Consiglio Militare Supremo aveva deciso, verticisticamente. Solo due giorni fa, lo SCAF aveva deciso di modificarel’articolo 5, contestato da tutti, e di cedere alle pressioni. Neanche 48 ore dopo, il Cairo viene percorso da sangue e violenza. E tutti, giornalisti e testimoni, parlano della repressione da parte dell’esercito, che viene accusato di esser passato con i veicoli sopra i manifestanti, di aver sparato proiettili veri, e non solo lacrimogeni. Una reazione sovradimensionata, sulla quale le associazioni per la difesa dei diritti civili, e non solo loro, si stanno interrogando.
La storia, ancora una volta, è molto più complessa di uno scontro tra cristiani e musulmani. I ragazzi di Tahrir ripetono che la lettura è: esercito contro manifestanti, e non musulmani contro cristiani.