...Segno di qualcosa dentro che sta urlando per uscire…”Francesco Guccini.
E il mio oggi si affaccia, cantando questa canzone, sul tempo che annoiato gira in eterno su se stesso. Sempre diverso nel suo immutabile volto smunto. Sempre pronto a rinfacciarti la tua caducità, facendolo con disinvoltura e senza cattiveria, con un sorrisetto appena abbozzato sulle labbra immaginarie alla giuda che baciano tutti… Ma non ne facciamo un dramma della vita che trascorre, basta semplicemente non dimenticare le persone e i momenti importanti. Per portarli con se in quel tempo parallelo fatto di minuti come giorni e ore come minuti, in cui possiamo sperimentare la libertà di parlottare delirando con i nostri fantasmi, presunti o reali che siano. Viventi, assenti o, per citare ancora, gli andati, i rassegnati , i soddisfatti…. L’importante è interpretare le proprie crisi come tragedie con funzione catartica. Lo so che è scontato quello che stò dicendo ed il concetto del tragico greco è forse uno dei più abusati nella storia ma la grandezza intellettuale degli antichi è patrimonio dell’umanità e merita che le venga riconosciuto il giusto tributo di devozione e rispetto. Inoltre è esattamente così che mi vivo le mie piccole drammatiche esperienze. Esse sono costruite su fasi che si susseguono repentinamente o meno nell’arco di un certo periodo e passano dalla confusione che getta nell’apatia e nella tristezza totale, a quella in cui si alterna rassegnazione e disgusto, la fase più creativa e piena, per giungere infine nel superamento del negativo e nella purificazione della comprensione. Ultimo giro di giostra, questo stadio finale, in cui riesci ad aprire gli occhi e mettere insieme tutti i tasselli del puzzle per scoprire che non raffigura quello che tu immaginavi. Scopri così, e ci fai una bella risata(te lo assicuro caro interlocutore fantasma), che la realtà è frutto di ciò che noi vogliamo che essa sia. Ovvero è figlia della nostra prospettiva, e vediamo ciò che vogliamo vedere e capiamo ciò che ci fa comodo capire. Tua come mia è l’illusione della verità, l’ingannevole piacere di filtrare il vissuto e crederci parte di qualche cosa di grande senza sapere mai veramente(e mai lo sapremo) se prendiamo in giro o ci prendono in giro. Ma la rassegnazione non fa parte della mia natura e mi basta andare contro la corrente più numerosa per essere appagata nonostante sia consapevole che anche facendo così vado ugualmente in una direzione in cui non sono sola. Sono anch’io già parte di qualche massa anche se mi trastullo nel pensarmi unica e godo delle mie fantasie solipsistiche. Credermi speciale ma senza mai prendermi davvero sul serio. Sognare la verità sapendo che esiste solo menzogna porta comunque molto più lontano di chi chiacchiera della propria purezza e si definisce troppo sincero per non destare qualche sospetto. Chiamami paranoica, ma non mi piace chi sa sempre definirsi e chi non sa tradire se stesso per capire ciò che è davvero. Nella perdita esiste la la scoperta. Ritrovare e|o ritrovarsi è un piacere che non ha eguali… ricordalo…